La Sialidosi

La Sialidosi è una malattia da accumulo lisosomiale, che fa parte del gruppo delle oligosaccaridosi o glicoproteinosi. Sono stati identificati due tipi di sialidosi: la 1 e la 2.

La sialidosi tipo 1 è definita anche normomorfa o sindrome ‘macchia rosso ciliegia- mioclono’. L’incidenza di tutti i tipi di sialidosi è stimata in 1/4.200.000 nati vivi. La malattia esordisce tra gli 8 e i 25 anni, con difficoltà nel camminare e/o perdita della acuità visiva.

Qual è la causa?

La sialidosi è dovuta al deficit di alfa-D-neuraminidasi (o sialidasi 1), che provoca un deposito di sialo-oligosaccaridi nei tessuti. La trasmissione è autosomica recessiva. Il gene-malattia, NEU1 (localizzato sul cromosoma 6p21), è stato clonato e ne sono state identificate le mutazioni.

Quali sono i sintomi?

Quasi tutti i pazienti presentano una macchia rosso ciliegia sulla retina.

Possono essere presenti mioclonie generalizzate, in alcuni casi associate a crisi epilettiche. La visione dei colori si abbassa progressivamente, in concomitanza con la comparsa di cecità notturna, opacità corneali e, in alcuni casi, nistagmo.

A differenza della sialidosi tipo 1, i pazienti non presentano dismorfismi facciali, displasia ossea, né ritardo psicomotorio.

La diagnosi

La diagnosi può essere suggerita dall’esame dell’escrezione urinaria di sialo-oligosaccaridi, ma, dato che i livelli possono essere molto bassi, essa deve essere confermata attraverso l’identificazione del deficit di neuraminidasi nei leucociti o, preferibilmente, nei fibroblasti in coltura. La più importante diagnosi differenziale si pone con la galattosialidosi, che è caratterizzata da deficit di neuraminidasi e beta-galattosidasi. Nelle famiglie a rischio, l’identificazione dei soggetti eterozigoti tra i consanguinei è molto attendibile se le due mutazioni sono note nel caso indice. La diagnosi prenatale può essere effettuata attraverso la misurazione dell’attività enzimatica o l’analisi molecolare, nei casi in cui le mutazioni siano note.

Data l’indisponibilità di terapie specifiche, la presa in carico deve essere multidisciplinare, in modo da ottenere un trattamento sintomatico adeguato, essenziale per il miglioramento della qualità della vita dei pazienti affetti. Le crisi miocloniche per lo più rispondono solo parzialmente al trattamento. Le attese di vita non sono significativamente modificate.

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